Dal 1987 cuciniamo il pesce come da tradizione riminese!
Per l’ouverture dell’anno nuovo con la tavola, un indirizzo fra i più affidabili del riminese. E soprattutto un insostituibile tesoro di ricette e sentimenti. E’ un viaggio della gola in un interno di famiglia che da decenni opera nel grande rispetto della tradizione. Dalla cucina vi arriverà il meglio del pescato preparato senza fronzoli e senza orpelli. Qui gelosamente si custodisce una marinara memoria che fa battere il cuore e fa essere sempre al centro del gusto. Attraverso i Racconti di mia madre e di un gruppetto di amici giovanili ho provato giorni fa a immaginare quella Rimini che non c’è più. Nei ricordi appare l’eleganza del passato e la memoria spalma sentimenti dappertutto. Fatelo anche voi se vi basteranno le mie parole. Le comode e asfaltate strade di oggi erano un tempo bianche e polverose, ma sufficientemente adatte a sopportare gli andirivieni di allora.
La vita scorreva fra buone maniere e tranquilli impegni quotidiani e il futuro non faceva paura. E seppur lontani dalla Belle Epoque, si stava bene. Per soddisfare quei bisogni di mobilità la città era attraversata anche da un suggestivo e piccolo trenino alimentato a carbone e inaugurato nel 1922, che sbuffava nel suo quotidiano percorso. Da largo Clementini il minuscolo convoglio proseguiva per via Roma e fiancheggiando le antiche mura arrivava fino all’Arco d’Augusto. Da lì la corsa continuava e nei pressi di Porta Montanara un passaggio a livello ne regolava il transito. Questa vecchia ferrovia che ha lasciato molte tracce e che ancora molti ricordano, collegava Rimini a Mercatino (oggi Novafeltria).
Fra gli utilizzatori c’erano molti agricoltori che scendevano in città per vendere al mercato i loro genuini e ingombranti prodotti. Ma non mancavano gli studenti, gli operai e altre anime buone. E si dimostrò anche di grande utilità per le miniere sulfuree di Perticara e Marezzano. Purtroppo, seppur a buon mercato e indubbiamente utile alle genti del Montefeltro per scendere in città, l’allettante trasporto non era alla portata di tutti e così molte apprendiste sartine e giovani donne di servizio preferivano arrivare a destinazione in bicicletta, avvolte d’inverno nei loro caldi mantelli. E in bicicletta si partiva tutti i giorni per arrivare dappertutto. Ma si andava (e tanto) anche a piedi. La bicicletta era nell’uso comune delle genti perché le autovetture le acquistavano solo i signori. In città il cosiddetto trenino della val Parecchia (attivo fino al 1960, ma solo per il trasporto merci negli ultimi otto anni) attraversava viale Valturio, con il piccolo binario posto al centro della strada. E chi scendeva lì poteva approfittare di una buona sosta in quella trattoria sul viale (aperta poco dopo la seconda guerra mondiale) che dal 1987 ha preso il nome di Marinelli da Vittorio. E Vittorio Pari, l’attuale patron riminese, la acquistò in quella data dai signori Marinelli che l’avevano gestita per una ventina d’anni. Vittorio è il custode della memoria e delle tradizioni marinare e la sua cucina, con il meglio del pescato da Cesenatico ad Ancona, ne è la quotidiana testimonianza. E lui, con la sua cordialità ed un sorriso che illumina lo sguardo, vi accoglierà in un ambiente di taglio classico e coi tavoli raccolti, dove vi faranno buona compagnia i numerosi quadri appesi alle pareti che già da soli basterebbero ad arredare il locale. Guardando il soffitto vi accorgerete dei grandi classici ventilatori che nella stagione calda rinfrescano a dovere tutta la trattoria. Apprezzerete anche la piccola raccolta di testi di culinaria e guide gastronomiche che liberamente potrete consultare. Ma no vi mancherà neppure l’occasione di notare, sopra il bancone dove preparano il caffè e molto altro ancora, la grande riproduzione in bianco e nero del sapore marinaro.
Ed ora un’occhiata ai piatti del menù (che ogni mese è affiancato da un menù degustazione): tra gli antipasti, misto di pesce crudo (con tonno, campetti, calamaretti, ostriche, tartufi, ecc.), catalana di crostacei (con scamponi, mazzancolle, canocchie e astici), misto di gratinati al forno (con capesante, cannelli e canestrini), cozze e vongole e lumachine alla marinara. Tra i primi, pasta battuta in brodo di pesce, tagliolini alle sogliole (secondo una ricetta della mamma di Vittorio), passatelli al ragù di pescatrice, linguine all’astice. Fra i secondi, brodetto di pesce alla riminese, fritto misto (secondo il pescato), gran grigliata di crostacei, rombo chiodato al forno con patate. E per finire, crema catalana, ciambelle, crostate alla frutta e piccola pasticceria. Per i vini oltre un centinaio di valide proposte (compresi alcuni Champagne) in cui prevalgono i bianchi, scegliendo da una carta che parte giustamente dalla Romagna. Piuttosto interessante anche l’offerta dei distillati accuratamente scelti. La storia di Vittorio Pari è un viaggio in un interno di famiglia che per oltre quarant’anni ha operato in nome del pescato. Correvano gli indimenticabili anni Sessanta quando papà Giovanni e mamma Giovanna vennero assunti come cuochi prima all’Ittico e poi al Belvedere di Rimini. Erano due magnifici ristoranti della città, quasi in riva al mare, dove fra lo spettacolo del mare e la bontà dei piatti marinari non sapevi cosa scegliere. E lì Vittorio, ancora bambino, entrava già nelle cucine per aiutare a rimestare i golosi risotti. E gli facevano buona compagnia anche i suoi tre fratelli, impegnati pure loro ad aiutare entrambi i genitori. Alcuni anni dopo è la volta del Ristorante La Triglia, acquistato dalla famiglia nel centro storico della città.
Nel 1972 scompare papà Giovanni ed è proprio in quell’anno che Vittorio comincia a dedicarsi attivamente alla cucina. Più tardi è la volta di una nuova gestione: è il Ristorante Colombo nel borgo San Giuliano. Ma il Belvedere forse è rimasto nel cuore e così l’esperienza continua con l’acquisto e la gestione di questo locale. E poco dopo si affiancherà al Belvedere anche l’apertura del Ristorante Parco Covignano. Poi rimane solo il Belvedere. E lì Vittorio ci resta per un anno. Una breve pausa, una collaborazione dalla Marianna (altro celebre ritrovo della gola) nel borgo San Giuliano e la scelta, con sua moglie Mariafranca, di acquistare quel locale dai Marinelli. Vittorio oggi come allora continuerà a sorprendervi con la sua cucina di grande qualità, senza fronzoli e senza orpelli. E soprattutto con l’apprezzata supervisione di sua madre Giovanna, che tutti i giorni e senza tener conto delle stagioni, regala a Vittorio preziosi consigli e giuste attenzioni. Charles Fourier sosteneva che per sedersi a tavola è necessari essere un gastrofoso, o per essere più chiari, un gourmet con la ragione che degusta con moderazione. E Oliver Wendell di rimando aggiungeva: l’uomo giovane conosce le regole, il vecchio le eccezioni. Ma per venire qui dimenticateli tutti e due e godetevi questa magnifica eccezione. E’ una tavola, quella di Vittorio, che fa battere il cuore e se è vero che il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce, sono certo che oltre ai buon piatti sarà il cuore a riportarvi qui.